Luca Innocenti ci propone una silloge dal sapore inedito, con una nota aromatica che rimanda al dialetto e alla veracità del pensiero immediato. Scopritore della scrittura fin dalla giovane età, la accompagna alle altre passioni che man mano entrano nella sua vita, andando a formare quella personalità eclettica che emerge dai versi, perché l’autore ha la capacità di riversare nei suoi componimenti una visione della vita disincantata ma vera, da cui emerge un attaccamento alla stessa non comune ed una voglia di celebrarla, in un certo senso, per la sua straordinarietà, a dispetto di tutto e tutti.
Luca Innocenti nasce a San Francesco, piccola frazione a pochi chilometri da Firenze, nel 1968, figlio di Sara Melis – di origini sarde, casalinga – e di Graziano, muratore, i quali, dopo due anni, gli fanno il “regalo” più grande: suo fratello Simone (“il suo fratellino”). Dopo la terza media, ha frequentato un corso professionale per l’edilizia, con l’intenzione di seguire le orme del “Babbo”. A sedici anni ha iniziato a lavorare con suo padre, che da poco si era messo in proprio, tuttavia si iscrisse anche a lezioni private di pianoforte dal Prof. Roberto Formentini, una passione nata in tenera età e che tuttora lo accompagna. Inizia a scrivere all’età di venti anni, più come sfogo che con l’intenzione di scrivere un libro. Come autodidatta, inizia a seguire la Filosofia antica e la Letteratura. La curiosità che gli appartiene lo ha portato a seguire vari interessi e a frequentare vari corsi: dal marketing alla psicologia, dalla medicina di primo soccorso, all’architettura e ingegneria. Ed oggi, a cinquant’anni, si riscopre poeta.