In piena pandemia un gruppo di giovani, tre ragazze e tre ragazzi, pensano di rifugiarsi in una casa fuori città per stare insieme senza correre il pericolo di essere contagiati. Come nel Decameron di Boccaccio, decidono di narrare a turno dei racconti che spesso, dietro una apparente leggerezza, nascondono una morale e trattano i mali dei tempi moderni dove ormai si è perso il gusto delle cose semplici che poi sono anche le più importanti.
Tra le varie novelle si inserisce la vita dei protagonisti alle prese con qualcosa che ha lasciato tutti interdetti.
Riusciranno a volgere in positivo ciò che ha fermato il mondo intero?
Nasco a Reggio Emilia il 20 giugno 1961, da mamma Enza di 15 anni e papà Roberto di 19 anni. Ho passato la mia vita, fino a 25 anni, in un quartiere popolare che per molti anni è stato abitato da famiglie di modeste entrate economiche. Anche la mia famiglia non navigava nell’oro, ma è sempre andato tutto per il meglio. Ho due sorelle e un fratello, io sono il più vecchio della covata. A 14 anni ho iniziato a lavorare per aiutare in famiglia. La curiosità è sempre stata la mia caratteristica principale; mia madre mi ha sempre imputato di fare una cosa mentre ne pensavo altre tre. Tra le varie attività una in particolare mi ha occupato per molti anni; il teatro. Questa attività mi ha fatto innamorare della lettura, dei libri e della musica. Ho fatto parte di una compagnia semiprofessionista per circa trent’anni in cui abbiamo spaziato nel teatro con vari testi classici, pezzi di cabaret e teatro contemporaneo con testi dove abbiamo tentato di criticare le “piccole miserie’’ della società. Finita questa esperienza ho fatto parte di un gruppo di cabaret che ho fondato con un amico chitarrista e un amico teatrante. Ho suonato chitarra e fisarmonica, cantato e abbiamo scritto pezzi di cabaret che sono stati apprezzati a livello locale, con una puntata al festival dei buskers di Ferrara, dove abbiamo ottenuto una grande soddisfazione dalla critica del festival.
Sono sposato con Anna, con la quale ho condiviso momenti veramente belli che stanno continuando ancora oggi. Ho due figli naturali, Daniele e Giorgia, e due figli in affido, di cui uno praticamente è quasi un’adozione, Giuseppe, ragazzo ghanese, e Federica, adolescente con i problemi dell’adolescenza.
A un certo punto della mia vita c’è stata una svolta; sono sempre stato credente e ho frequentato la chiesa fin da bambino, inol- tre ho avuto un rapporto di amicizia con un parroco, che mi ha voluto bene anche quando mi sono allontanato dalla religione per svolazzare qua e là nel mondo, e per molti anni non sono stato “troppo dedito alla preghiera’’, poi a 39,40 anni ho ricominciato ad andare in chiesa, alla Santa Messa, e dopo alcuni anni ho intrapreso il cammino del Diaconato permanente, con grande soddisfazione e risate da parte del mio amico parroco che avevo “abbandonato’’. Sono diacono dal 2015, anno in cui sono andato in prepensionamento per “accantonamento di roba datata’’, e da quell’anno mi occupo di varie cose nella chiesa.
Non mi è passato, però, il vizio di fare una cosa e pensarne tre, e tra queste è tornata a galla la voglia di scrivere. Ed eccoci qua, sperando di combinare qualcosa di buono, senza strafare e senza sperare in cose impossibili, però con il sogno nel cassetto di vendere qualche libro per dare piacere a qualche lettore.
Non so cosa aggiungere se non che sono per la pace nel mondo, per il rispetto totale delle idee altrui, per il bene comune, per le cene con gli amici e per il matrimonio e la famiglia, con rispetto totale per chi è contrario o ha tendenze sessuali diverse dalle mie.
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