«Gertie lo vedevo quasi tutti i giorni tornando a casa, vicino ad un semaforo di Viale Pildzouski, dove lavava i vetri con Ginni. Erano arrivati da poco in Italia e, scambiando qualche parola, mi dissero che avevano problemi per dormire. Io avevo una stanza libera vicino all’ingresso e gli proposi di venire temporaneamente da me. Poi, con il film, la permanenza è stata più lunga, in qualche modo è entrata a fare parte della pellicola, e il favore che gli avevo fatto è stato largamente ricambiato, in fondo è stata tutt’altro che una semplice occasione di buonismo. […] A Gertie il lavoro manuale non piace, non mi meraviglia che sia uscito fuori con questo libro di domande, un libro che riflette i suoi dubbi e la sua tendenza ad interrogarsi sulla vita, i suoi continui rovelli filosofici, strambi ma filosofi ci. Quando stava da me, lo vedevo spesso fermo davanti alla libreria in cerca di qualcosa da leggere. Tanto per cominciare, visto che aveva letto poco о nulla, gli diedi Pinocchio, ma a lui non piacque, preferì avventurarsi nei Saggi di Montaigne.» (Matteo Garrone)