Attraverso la sua autobiografia, Elisabetta ci conduce in un viaggio intenso e autentico, che racconta tre vite vissute come fasi di una crescita personale profonda e tortuosa.
Dall’infanzia e adolescenza segnate dal disagio interiore e dalla ricerca di cultura e arte, al periodo tra i venti e i trent’anni, fatto di esplorazione, amicizie, lavoro, studio e scoperte artistiche. Un’evoluzione che culmina nel terzo capitolo della sua esistenza, dove la famiglia e l’arte diventano il suo rifugio e la sua risposta al dolore.
In questa fase, Elisabetta abbraccia la creazione come unica via di liberazione, immergendosi nella sua arte, un luogo di respiro e di rivelazione.
Tramite le sue opere, Elisabetta non racconta solo sé stessa, ma svela anche ciò che gli altri cercano: ognuno la propria verità. Elisabetta mette a nudo non i propri sentimenti, ma quelli di chi osserva, dando origine a uno specchio in cui ciascuno legge ciò di cui ha bisogno.
È forse questo il senso intrinseco dell’opera d’arte?
Elisabetta Braghetto nasce nell’aprile del 1968, in un piccolo paese alle porte di Padova. L’infanzia difficile è segnata dalla rabbia, dal desiderio, dal silenzio.
Da giovane adulta, sceglie l’indipendenza emotiva ed economica, trovando la forza di costruire la propria strada attraverso lo studio. Non si è mai sentita sbagliata, ma solo nel posto sbagliato.
Dopo aver conseguito la laurea in Lettere, Storia dell’Arte, Elisabetta inizia una nuova fase della sua vita, allontanandosi dalle ombre del passato. Costruisce la famiglia che desidera, affrontando sfide e difficoltà con amore e resilienza. In questo periodo, l’arte non è solo una professione, ma anche un mezzo per esprimere e superare le proprie esperienze, trasformando la sua storia in un percorso di creazione e rinascita. Di amore.
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