La silloge di Maurizio Pasqual colpisce innanzitutto per la forza dirompente con cui mira a ridimensionare l’uomo, ricollocandolo al giusto posto nello spazio del Creato. L’uomo non è che un mero aggregato di atomi in un universo incomprensibile, incombente e grandioso, e l’immensità di quest’ultimo deve metterlo di fronte alla propria impotenza e vacuità. L’infinito lavoro di Dio, che il poeta definisce spesso “Vedente”, impone all’essere umano un oblio ineluttabile, l’accettazione di un vivere transeunte in attesa di un Giudizio definitivo. Per di più, con la sua spocchiosa boria e devastante tracotanza, l’uomo ha reso il suo passaggio sulla Terra privo di ogni verità, attraverso la costruzione di una società miserabile e falsa, in cui si preferisce indossare una maschera e recitare un ruolo perenne piuttosto che cercare l’autenticità del proprio io.
(Dalla prefazione di Giuseppe Palladino)
Maurizio Pasqual è nato a Verona il 29 ottobre del 1954. È coniugato con due figli e ora è in pensione. Non ha mai partecipato a manifestazioni, incontri o concorsi a carattere letterario. Questa è la sua prima pubblicazione.