A popolare i versi di Lidia Caputo sono, in primo luogo, persone in carne ed ossa, volti definiti, impressi nella memoria della poetessa che, grazie alla poesia, riescono a rivivere. Viene così messo in moto un meccanismo del tempo che ha quasi lo scopo di «im-mortalare» persone, luoghi, e momenti per fissarli in qualche modo e impedire che su di essi cali l’oblio (una poesia si intitola esplicitamente Fotogrammi). Questa macchina del tempo gioca con un delicato elemento nostalgico che non diventa mai retorico o formalistico ma esprime, semmai, sentimenti forti e profondi.
Lidia Caputo, laureata cum laude sia in Lettere Classiche (21/06/1977) che in Lingue e Letterature Straniere (26/03/1980) presso l’Università degli Studi di Lecce, è stata titolare fino al 30 settembre 2017 della cattedra di ruolo di Materie Letterarie e Latino presso il Liceo Scientifico Statale Banzi Bazoli di Lecce. Nel 2010 ha conseguito il Dottorato in “Etica e Antropologia. Storia e Fondazione” presso il medesimo Ateneo, discutendo brillantemente una tesi dal titolo Coscienza e Intersoggettività nella Fenomenologia di Edmund Husserl. Collabora con le cattedre di Filosofia Morale e di Filosofia Teoretica del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi del Salento. Tra le sue pubblicazioni, Il Mito e la donna in Bertolt Brecht e Cesare Pavese, La Mongolfiera, Cosenza (2001); Gerusalemme – il giardino di Miriam e Salman, La Mongolfiera, Cosenza (2003); 2° edizione riveduta e corretta, La Mongolfiera (2015); Coscienza e intersoggettività nella fenomenologia di Edmund Husserl, Pensa Multimedia, Lecce (2012).
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