In un immaginario paesino collinare di fine Ottocento, l’amministrazione comunale ordina la tassa dell’utilizzo del riverbero lunare e gli abitanti, per protesta, nominano degli asini al loro governo, i quali diffondono il virus dell’asinite acuta. Il contagio dilaga, colpendo quasi tutti i cittadini malevoli e ignoranti, i quali vengono annoverati nel Partito Asinino. Solo uno sparuto gruppo resiste alle farneticanti aberrazioni di chi comanda, subendo, in questa impari lotta, umiliazioni e prigionie.
Come sempre avviene, però, l’Amore vince sulla malvagità e come disse il poeta: “…morte, alfin, vita richiamò!”.
Fedele Francesco Petrocelli, nato a Montalbano Jonico (MT), da Nicola e Ida Scarpino, il 15.04.1955, è il quartogenito di una famiglia umile e felice. Il papà, manovale edile, nonché conduttore di un piccolo terreno coltivato ad aranci e ulivi, contribuisce, non poco, a inculcargli l’amore per la campagna ed il mondo contadino lucano, mentre la mamma, casalinga, con la sua semplicità, gli infonde la dignità del saper vivere con il poco, del sapersi accontentare e di privilegiare, ai beni materiali, i valori del perdono, dell’onestà e della non ipocrisia. È in tale contesto che, insieme alle due sorelle, Stella e Alfonsina (Domenico è morto, invece, ad appena due mesi dalla nascita), trascorre l’infanzia con serenità e spensieratezza, gioioso di scorrazzare fra gli argillosi pendii dell’amena collina… “tra l’azzurro mar che fa da sfondo e gli intensi odori della vallata dell’Agri, tinta dei riflessi della palla che tutto fa pulsar”.
Si diploma presso il Liceo Scientifico di Policoro (MT) ed intraprende gli studi presso la facoltà di Ingegneria Civile dell’Università di Bari. La passione per le umanae litterae e l’innato senso di autonomia che lo caratterizzano lo inducono ad abbandonare gli studi di natura scientifica e si tuffa nel lavoro di funzionario presso l’Ente Civico della Città dei Sassi.
Attualmente, felicemente sposato con la sua dolce “Lilla”, vive a Spinazzola ove si dedica, prevalentemente, alla stesura di romanzi, saggi e poesie, gustando i pochi specchi di Paradiso Murgiano che ancora resistono alla inciviltà, bramosia e avidità dell’uomo e che, come lo stesso novella: “Colorata murgia dall’aere selvaggia. Del cardellin la melodia, del grillaio lo stornir, fruscìo, vento… dolce è l’esibizion del Divin Maestro.”, gli trasmettono sensazioni di ideale perfezione e bellezza concepite come valori assoluti ricevuti in dono dalla bontà del Creatore.
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